Energia dal legno

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Composizione del legno e suo potere calorifico
Il cippato, un combustibile a impatto 0

Produzione e commercializzazione di cippato ad uso energetico da solo legno vergine

 

Potere calorifico del legno

Il potere calorifico di una sostanza combustibile indica la quantità di energia termica che può venire ricavata nella combustione completa dell’unità di peso del combustibile; viene espresso in J/kg, kWh/kg o kcal/kg (o in J/m3, kWh/m3 o kcal/m3 (1)).
Per i combustibili che contengono acqua, come accade per il legno, la fisica distingue tra potere calorifico superiore (che nel prodotto della combustione considera l’acqua allo stato liquido) e potere calorifico inferiore (nel quale l’acqua prodotta e/o liberata nella combustione viene considerata allo stato di vapore2). In dendroenergetica, con poche eccezioni nella letteratura dei paesi nordici, si impiega quasi sempre il potere calorifico inferiore, anche quando si dice solamente “potere calorifico”3.
Per il legno il potere calorifico dipende dalla sua composizione chimica e, molto più fortemente, dallo stato idrico in cui si trova. Perciò, sembra un paradosso, per parlare di fuoco conviene iniziare dall’acqua.

Cosa è il legno e perché rilascia energia

Il legno è un tessuto molto complesso che viene prodotto da un vasto gruppo di piante superiori (alberi e arbusti) per svolgere due funzioniessenziali per la loro vita:

  1. sostenere e dare forma all’organismo
  2. garantire il trasporto della linfa all’interno dell’organismo

Chimicamente la sua composizione è la seguente:

  • cellulosa il 40-50%
  • lignina 20-30%
  • altre sostanze (carboidrati, grassi, tannini, sali minerali) 20-30%

Il legno, come ogni altro tessuto vegetale, deriva in ultima analisi dalla fotosintesi: utilizzando l’energia luminosa prodotta dal sole, l’acqua, sali minerali presenti nel terreno, l’anidride carbonica (CO2) presente nell’atmosfera, le piante verdi sono in grado di produrre nuova sostanza organica, liberando ossigeno (O2) nell’atmosfera.
Quando il legno viene degradato il processo della fotosintesi si inverte: viene utilizzato ossigeno, anidride carbonica e sali minerali, viene emessa energia. La degradazione del legno può essere biologica o chimica. La prima viene operata da organismi viventi (funghi, batteri, animali) che attraverso un processo noto come “respirazione” estraggono dal legno l’energia che serve loro per vivere. La seconda è un processo rapido che prende il nome di “combustione” la quale passa attraverso tre fasi:

  1. essiccazione: fino a temperature di 220 °C viene persa l’acqua ancora presente nel legno. In questa fase viene assorbito calore e viene emesso vapore acqueo: tanto più il legno è umido, tanta più energia sarà necessaria per essiccare il legno e tanto più basso risulterà il rendimento della combustione della legna.
  2. pirolisi: tra i 220 °C ed i 270 °C la legna comincia a decomporsi in componenti volatili (gas e vapori) ed in carbonio solido. A 500 °C l’85% del peso della legna si presenta sotto forma di composti volatili.
  3. gassificazione e combustione: a partire dai 500 °C si ha l’ossidazione finale dei prodotti di decomposizione con liberazione di calore. La suddivisione tra le tre fasi ha solo una finalità didattica perché, nella pratica, esse si sovrappongono in modo complesso durante la combustione.

Zero emissioni di CO2

 

Il legno è un tessuto molto complesso che viene prodotto da una combustione del legno può essere considerata “CO2 neutra”, poichè l’anidride carbonica rilasciata in fase di combustione è pari a quella fissata dalla pianta, durante la crescita, mediante il processo di fotosintesi. In questo modo si chiude il ciclo del carbonio, senza emissioni aggiuntive di gas serra in atmosfera.

La differenza tra la CO2 di origine vegetale (biomassa) e quella di origine minerale (fossile) non risiede nella “qualità” dell’emissione, ma nella sua rinnovabilità. Infatti l’anidride carbonica contenuta nei combustibili fossili e immessa oggi in atmosfera, è stata fissata alcuni milioni di anni fa da piante che non possono più compensarne il rilascio con la fotosintesi.

In definitiva, il carattere di rinnovabilità proprio della biomassa vegetale è dovuto allo sfasamento temporale (breve, in questo caso) tra la sua fissazione vegetale sotto forma di carbonio e il suo rilascio in atmosfera.

Naturalmente questo bilancio ambientale non tiene conto della CO2 di origine fossile prodotta in fase di raccolta, trasformazione e trasporto della biomassa. Tutte queste fasi della filiera richiedono un certo dispendio energetico (la cosiddetta energia “grigia”) con conseguenti emissioni di gas serra in atmosfera. Anche per questa ragione sono da preferire le filiere corte e le produzioni locali.

Perché coltivare boschi?

La combustione è la trasformazione dell’energia chimica contenuta nel combustibile (legno, in questo caso) in energia termica. La legna è stata utilizzata sin dalla preistoria, in catasta di ceppi da bruciare all’aperto senza alcuna forma di controllo della combustione. Oggi la combustione avviene in bruciatori che regolano la quantità di combustibile e la quantità di aria che serve per ossidarlo, consentendo un miglior rendimento termico e un maggior controllo delle emissioni; inoltre è possibile trattare la legna come un fluido, sfruttando la tecnica della cippatura (riduzione della legna in scaglie) con la possibilità di gestire automaticamente l’alimentazione della caldaia.
La principale fonte di materia prima è rappresentata dai boschi. I vantaggi economici ed ecologici derivanti dalla combustione della legna per fini energetici non sono trascurabili: non produce anidride solforosa, una delle principali cause delle pioggie acide; l’anidride carbonica immessa in atmosfera è la stessa che le piante avrebbero prodotto durante la loro crescita; contiene il fenomeno dell’effetto serra grazie alla fotosintesi clorofilliana operata dalle piante in vita; infine, è una fonte rinnovabile.
I Paesi Nord Europei stanno dimostrando che lo sviluppo di aree boschive e la loro coltivazione con tagli programmati, costituisce una rilevante risorsa economica sia per la produzione di energia da biomassa, ma anche come materia prima per le opere edili.
Altre fonti di biomassa sono rappresentate dai prodotti di scarto delle industrie del legno (trucioli, segatura, ecc…), dall’agricoltura e le sue lavorazioni (paglia dei cereali, residui di potatura dell’olivo, della vite, gusci di frutta secca, sanza, ecc…).

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